News | Calabria | Terre d'Acqua

Sibari, antica città greca

Notizia del 06/01/2015

Sibari, antica città greca, situata sulla costa Ionica, tra l'Appennino Lucano e la Sila Greca, fu considerata la più bella tra le colonie greche.

L'antica città fu fondata oltre 2.700 anni fa, intorno al 720 a.C., verso la fine dei regno di Romolo, da coloni achei. 

Posta in mezzo ai due fiumi Crati e Sibari, odierno Coscile, la città, da modesto insediamento agricolo e commerciale, andò ingrandendosi sempre più, fino ad occupare una vasta area, diventando città ricca e potente.

Al culmine della sua potenza, Sibari suscitò le gelosie delle popolazioni vicine, e fra esse soprattutto la città di Crotone. 

Infatti, nel 510 a.C., i Crotoniati, la distrussero completamente. 

Per rimpiazzare l’antica Sibari, sotto la guida degli Ateniesi, vi fu fondata, nel 444-443 a.C., una colonia panellenica che prese poi il nome di Turi.

La città, a lungo ricercata dagli archeologi, fu individuata con sicurezza e portata alla luce a partire dagli anni Sessanta. Gli scavi misero in luce non solo resti dell’antica Sibari, ma anche più estesi avanzi di Turi.

Oggi, vicino al sito archeologico dell’antica Sybaris, sorge un moderno complesso turistico “ Marina di Sibari”.

Quest’ ultimo si affaccia sul mar Ionio, le sue spiagge bianche e sabbiose, ed è completamente immerso nel verde.

Il complesso dispone di un'ampia gamma di servizi: supermarket, rivendita tabacchi e giornali, discoteca, bar, farmacia, cinema,campi da tennis, pallavolo, pallacanestro, campo di calcetto, campo da golf, campi di bocce, pattinaggio, ping pong, ginnastica, e nelle immediate vicinanze un maneggio con scuola di equitazione e concorsi ippici. 

Marina di Sibari e' inoltre vicina al centro nautico dei Laghi, "Sybaris Marine", il piu' grande complesso nautico del Mediterraneo per la navigazione da diporto destinata all'Africa e alle coste elleniche.

Caratteristiche fisiche

Sibari, frazione del comune di Cassano allo Ionio, è situata sul litorale ionico, tra l’Appennino Lucano e la Sila Greca.

Rilevanti le testimonianze delle civiltà del passato, tra cui emergono gli scavi dell’ antica Sybaris, colonia fondata nel VII secolo a.c. fra le foci dei fiumi Crati e Sibari.

Un bacino territoriale che offre diversificate risorse con ricchezza di litorali fruibili, itinerari montani e siti d’ interesse storico-culturale.

Monumenti

Sibari conserva numerose testimonianze archeologiche, in particolare la zona degli scavi, divisa in tre settori archeologici, oggi mette in luce l’area occupata dall’antica Sybaris.

Nel “Parco dei Tori” sono visibili i resti del quartiere settentrionale della “Sybaris” arcaica, con i resti di un edificio rurale della città di “Thoùrioi”. 

Il “Parco del cavallo” mette in luce i resti della romana “Copia”, impostata sull’impianto urbanistico di Thurii e con tracce della fase di vita relativa a Sibari. 

Nel “Parco della Casa Bianca” vi sono stati ritrovati i resti più antichi, con l’area portuale di Thurii-Copia, successivamente riutilizzata per impiantarvi una necropoli. 

 

Gastronomia

La città di Sibari è circondata da viti, aranceti, ulivi e orti ben curati.

I primi e più pregiati prodotti di questa terra, sono l'olio e il vino.

La cucina è molto curata e presenta una vasta scelta di piatti dettati da antiche ricette: rustici, salumi, pasta fresca fatta a mano, zuppe di legumi, alici al verde, peperonate, funghi ripieni, insalate di mare, formaggi.

La produzione di tipo artigianale include anche conserve, marmellate, funghi, pomodori secchi, tonno, sardine, alici, liquori,ottenuti attraverso procedimenti semplici e tradizionali. 

L’alimento che caratterizza la gastronomia locale è il pane cotto nel forno a legna, insieme alle freselle di grano duro, focacce (“pitte”), pane con uovo sodo al centro (“collacci”) e taralli. Dolci tipici del luogo sono: Cannaricoli, Vecchiarelle, Bocconotti, Turdilli, Crocette, Giurgiulena, Chinuliddri.

Artigianato

Sibari è nota anche per il suo artigianato; fiorente è infatti la lavorazione della porcellana e la tessitura di tappeti, che rappresenta il fiore all'occhiello di questa zona.

Questi manufatti si possono spesso acquistare direttamente dalle mani artigiane.

Collegamenti

Diversi sono i modi per raggiungere Sibari. 

Se si viaggia in auto percorrere l’ autostrada Salerno-Reggio Calabria uscita Sibari; oppure autostrada adriatica Bologna-Taranto, uscita Taranto, poi statale 106 Taranto-Sibari.

Sibari si può raggiungere anche con i servizi di treni rapidi e di wagon Lits con carrozze dirette per la stazione FF.SS. di Sibari.

Se si opta invece per l’ aereo, scegliere lo scalo di Lamezia Terme.

Museo

Il Museo Archeologico Nazionale della Sibaritide, ultimato nel 1992 ed inaugurato nel 1996, si trova ad Est dell’area archeologica, verso la riva del Mar Ionio. 

La sua realizzazione si inserisce nel quadro degli interventi programmati nel tempo dalla Soprintendenza Archeologica della Calabria, per la definitiva valorizzazione di un territorio particolarmente rilevante dal punto di vista storico e archeologico quale è la Sibaritide.

L'edificio, di circa 4.000 mq. distribuiti su due livelli, si compone di un nucleo centrale, che ha la funzione di organizzare gli ambienti ed i percorsi del museo, di quattro unità espositive e di un corpo servizi.

Vi sono conservati ed esposti i principali reperti d’epoca arcaica provenienti dai luoghi di culto del comprensorio sibaritico: terrecotte, rilievi, materiali metallici provenienti da Sibari e da Francavilla Marittima (loc. Timpone della Motta).

Tra i reperti si segnalano: coppa fenicia in bronzo (VII sec. a.C.); ceramiche, terrecotte, bronzi e gioielli votivi dal Santuario di Athena sul Timpone Motta (VII-VI sec. a.C.); dedica dell'olimpionico Kleombrotos (VI sec. a.C.); pettorale in argento e oro da Sibari (VI sec. a.C.); corredo funerario di guerriero brettio (IV sec. a.C.); statue marmoree e iscrizioni latine di età romana.

Folklore

A Sibari si svolgono, nel corso dell’anno, molte manifestazioni culturali e religiose. 

Nel mese di Dicembre viene allestito un presepe vivente molto caratteristico.

Accanto alla tradizionale capanna ci sono botteghe che richiamano gli antichi mestieri e dove gli artigiani usano attrezzi rudimentali. 

Per l'occasione di questo evento le donne preparano i visinieddi e i turdilli (tipica prelibatezza natalizia). 

La sera del 24 dicembre, a mezzanotte, un neonato viene adagiato nella mangiatoia e celebrata la Santa Messa. 

Particolarmente numerose sono le manifestazioni presenti nel periodo estivo, singolare è la rassegna di eventi che si racchiude in un unico programma denominato “ Estate della Sibaritide”, che prevede: 

eventi sportivi (tornei di calcio, tornei di handball-beach); spettacoli (rinomato è quello della ” Miss Sibaritide e del Pollino”);

eventi culturali (il teatro); 

mostre (pittura e scultura); fiera campionaria (evento di promozione economico locale con vasta esposizione dei prodotti).

Itinerari

Grazie all'iniziativa di Umberto Zanotti Bianco, confinato a Sibari per le sue idee antifasciste, nel 1932, il sito dell'antica Sybaris fu riportato alla luce. 

Sibari fu una terra conosciuta per il suo splendore e la sua ricchezza; fu distrutta dalla rivalità della città di Crotone nel 510 A. C.

Solo col tempo riuscì a riacquistare l’antico splendore, infatti sulle rive del fiume Sibari, furono rinvenuti i resti dell' antica Sibaris, grande città della Magna Grecia.

Gli scavi misero in luce le fasi romane, più superficiali e consistenti dal punto di vista monumentale.

Le località dove furono eseguiti gli scavi sono: il Parco dei Tori, il Parco del Cavallo, Casa Bianca e Stombi.

Nel Parco dei Tori emerse un quartiere artigianale della Sybaris arcaica: Sono visibili i resti, di un edificio rurale, relativo alla città di Thourioi (ca. 400 a.C.), ed altri edifici più antichi (VI a.C.).

Il Parco del Cavallo, è la zona dove, nel 1932, iniziarono gli scavi ed ancora oggi è il settore più indagato.

Nel sito emerse un tracciato viario che risalirebbe al periodo della fondazione di Turi. 

Altri importanti resti rivenuti sono: - un teatro romano (100 a.C.- 50 d.C.), nelle cui vicinanze furono recuperati frammenti architettonici, sculture metopali e blocchi di un fregio scolpito nella seconda metà del VI sec. a.C.. 

Fu, inoltre, scavata una fondazione in blocchi di età arcaica, forse pertinente ad un edificio sacro, si pensa che si tratti di un primitivo luogo di culto situato fuori dall'abitato di Sibari.

La storia dell'area dove sorse il teatro è complessa. Inizialmente fu occupata da eleganti abitazioni con pavimenti musivi (100 a.C. circa), in seguito (50 a.C.) fu costruito un emiciclo con due colonnati. 

Nel 50 d.C. fu innalzato il teatro. 

- Impianti di abitazioni private (I-VI secolo d.C.) che presentano piante e disposizione simili: cortile, con al centro un pozzo, circondato da vani con pareti intonacate e con pavimenti decorati a mosaici.

- un edificio termale del I sec. d.C. - Resti della cinta muraria. - Necropoli romana.

A poca distanza da Parco del Cavallo, in direzione del mare, si trova la localita' Casa Bianca. 

Qui, nei pressi della spiaggia, furono individuate le tracce di un probabile scalo di alaggio utilizzato per portare in secco le imbarcazioni e ripararle.

Quest’ultima area, tra il I secolo a.C. e il III d.C., per lo spostamento della linea di costa e il progressivo interramento, venne destinata a necropoli.

Visibili anche i resti di una cinta muraria relativi alla colonia latina di Copia. 

Anche la località "Stombi" si presenta molto interessante per la conoscenza di Sibari, perché si tratta di una zona urbana riedificata solo parzialmente dopo il 510 a.C.: si possono vedere allora edifici e monumenti della città d’età arcaica, come le fondazioni di un modesto edificio, pozzi, fornaci.

Da vedere, inoltre, a poca distanza dagli scavi, il Museo Nazionale Archeologico della Sibaritide dove raccoglie i corredi delle tombe greche e protostoriche, ceramiche e bronzi. 

Sempre a Sibari vi è un moderno stabilimento termale ed il più grande porto turistico della Calabria, in località laghi di Sibari.

Il più antico brevetto della storia? Fu sancito a Sibari e riguardò una ricetta di gastronomia: parola dello storico Filarco di Atene

Non finiscono mai di sorprendere le acquisizioni storiche intorno all’antica colonia magno-greca di Sibari, la città i cui pochi resti finora scoperti giacciono malcustoditi lungo la costa dell’alto Jonio cosentino e che – a detta del geografo Strabone – governò su quattro tribù e 25 città limitrofe, fece guerra contro Crotone con 300mila uomini ed ebbe abitanti in tal numero da riempire un circuito di 50 stadi (circa 9 km). L’ultima notizia che la riguarda è quella apparsa pochi giorni fa sulle pagine della testata Il Garantista , a firma di Camillo Giuliani.

Secondo quanto riportato dall’autore, il primo monopolio* per una originale creazione dell’ingegno umano fu concesso nell’antica città calabrese nel VII sec. a.C. Fonte autorevole di questa notizia, che andrebbe quindi a dirimere l’annosa polemica fra Italia e Inghilterra in merito al rispettivo primato in questo campo, è lo storico ateniese Filarco, vissuto ad Atene nel III sec. a.C. Secondo quanto da lui riferito – e ripreso secoli dopo da Ateneo di Naucrati (II° sec. d.C.) – ben quattrocento anni prima (e si arriva così al VII sec.), nella città jonica è stato ufficializzato il diritto allo sfruttamento esclusivo di una invenzione, per la precisione una ricetta.

Nella colonia magno greca, scrive Filarco, fu concesso un monopolio di 12 mesi per una pietanza originale ed elaborata affinché “a chi per primo l’abbia inventata sia riservato trarne profitto durante il suddetto periodo e gli altri, dandosi da fare essi stessi, si segnalino per invenzioni di tal genere” **. La conferma di quanto riportato dallo storico emerge da una lapide ritrovata nell’area archeologica sulla quale si legge come a Sibari “veniva offerto un incoraggiamento a tutti coloro che realizzano un qualsiasi miglioramento al benessere, i relativi guadagni essendo assicurati all’inventore per un anno”.

In tempi di startup e innovazione questi concetti risuonano di una modernità sorprendente. E a quanto pare, dopo l’esperienza sibarita, erano destinati a riemergere ancora una volta nella Firenze del 1421 con il brevetto concesso al celebre architetto e ingegnere Filippo Brunelleschi per un barcone anfibio adibito a trasportare marmo sull’Arno.

* Sull’argomento segnaliamo un breve saggio pubblicato da Placido Scaglione nel 2008: “Il brevetto di Sibari e le anticipazioni storiche della gente di Calabria” (Franco Pancallo Editore): nel volume si evidenzia come il brevetto di Sibari “non costituiva un privilegio concesso “ad personam”  come compenso per un servizio reso allo Stato (…) ma era un diritto che per legge era accordato a chiunque nella propria attività professionale (‘cuoco’) o, anche nella propria abituale attività domestica (‘addetto alla cucina”) avesse inventato una pietanza, utilizzando una sua ricetta “nuova ed originale”. Queste caratteristiche dell’invenzione assicuravano per un anno la concessione di un diritto di esclusività consistente nel potere“alios excludendi” dall’uso della ricetta senza autorizzazione del titolare. Scaglione fa notare come la norma sibarita trovi una sorprendente corrispondenza con l’Art. I – Section 8 della Costituzione degli Stati Uniti risalente al 1789, non solo in ciò che dispone, ma anche nelle finalità (favorire con la competizione fra inventori, l’innovazione e il progresso).

** Riportiamo di seguito il testo di Ateneo di Naucrati che riprende le informazioni da Filarco: “I Sibariti stabilirono per legge che”…”se un cuoco o un addetto alla cucina avesse inventato una ricetta originale ed elaborata, nessun altro a parte l’inventore potesse trarne profitto prima del termine di un anno e che durante questo periodo egli solo avesse l’esclusiva della riproduzione, affinchè gli altri, dandosi da fare essi stessi, eccellessero con simili invenzioni”.

La Piana di Sibari, che prende il nome dall'omonima città magnogreca, è la pianura più grande della Calabria. Situata sul versante ionico settentrionale della regione, fa da confine tra il massiccio del Pollino e quello della Sila.

È solcata nel centro dai corsi del fiume Crati e Coscile, che proprio qui sfociano nel mar Ionio.

A carattere paludoso, è stata bonificata e resa coltivabile negli anni sessanta, favorendo una notevole emigrazione dalle montagne circostanti, e dando vita a una discreta attività agricola (agrumi, oliveti, risaie), che è la principale risorsa economica, oltre al turismo, della zona. Le maggiori città della Piana sono Corigliano Calabro (dove è presente un importante porto turistico-peschereccio-commerciale), Rossano (dove è presente un'antica e prestigiosa fabbrica di liquiriza che viene estratta in tutta la piana e lavorata e un parco acquatico che è il secondo più grande d'Italia),Castrovillari, Cassano all'Ionio (di cui fa parte anche la frazione di Sibari che ha dato il nome alla Piana stessa), Cariati eTrebisacce. Da tempi non recenti si pensa ad una provincia della Sibaritide ma non si sono ancora ottenuti risultati concreti.

I reperti archeologici, affermano che questo territorio è stato frequentato dall’uomo nell’età del bronzo e in quella del ferro da popolazioni indoeuropee. Il nome della pianura deriva da Sybaris, una famosa città della Magna Grecia. Divenne in breve tempo un importante centro commerciale. Leggendarie divennero le raffinatezze dei costumi degli abitanti di questo territorio finché nel 510 a.C. venne distrutta dalla rivale Crotone. Venne successivamente abitata da popolazioni come gli Enotri e i Bruzidediti ad attività come pastorizia e agricoltura. Sul finire degli anni ‘50, la piana di Sibari conobbe un periodo di importante evoluzione economica non solo dellaCalabria ma di tutto il Mezzogiorno.

« Non credo che esista in nessuna parte del mondo qualcosa di più bello della pianura ove fu Sìbari. Vi è riunita ogni bellezza in una volta: la ridente verzura dei dintorni di Napoli, la vastità dei più maestosi paesaggi alpestri, il sole ed il mare della Grecia. »

(François Lenormant)

Sìbari (in greco antico Σύβαρις, traslitterato in Sybaris) fu una città della Magna Grecia sul mar Ionio, affacciata sul golfo di Taranto, tra i fiumi Crati (Crathis) e Coscile (Sybaris), riuniti a circa 5 km dal mare ma una volta con foci indipendenti; nel ventunesimo secolo è una frazione del comune di Cassano all'Ionio e si basa su un'economia prevalentemente turistica.

Sìbari fu fondata tra due fiumi, cui i coloni diedero il nome di Crati e Sìbari, alla fine dell'VIII secolo a.C. da un gruppo diAchei provenienti dal Peloponneso. Secondo Strabone, Sìbari fu fondata da Is di Elice.[1] Sempre Strabone ci fa sapere che la città governò su quattro tribù e 25 città, fece guerre contro i Crotoniati con 300mila uomini e che i suoi abitanti riempivano un circuito di 50 stadi (circa 9 km).[1].

Nel 510 a.C., dopo una guerra durata 70 giorni, i Crotoniati conquistarono la città, deviarono il fiume e la sommersero[1]. Nel 444-443 a.C. ci fu la fondazione panellenica di Thurii, dal nome di una fonte nelle vicinanze[1]. In seguito Thurii fu assoggettata dai Lucani. La città ridusse la sua rilevanza e nel 193 a.C. i Romani vi dedussero una colonia, cui diedero nome Copia[1]. Nell'84 a.C. fu trasformata in municipio e in periodo imperiale, nel periodo I-III secolo, si sviluppò nuovamente. Nel corso del V-VI secolo d.C. iniziò a decadere, per l'impaludamento della zona. Un secolo dopo l'area era completamente abbandonata.

Scavi archeologici[modifica | modifica sorgente]

Le esplorazioni archeologiche nella prima metà del Novecento si erano limitate ad alcuni sopralluoghi da parte diUmberto Zanotti Bianco e, in seguito, anche di Paola Zancani Montuoro, che avevano consentito di mettere in luce resti di strutture antiche (essenzialmente di età romana, risalenti alla colonia latina di Copia, sorta sul sito di Thurii) nell'area di Parco del Cavallo. Campagne di scavo estensive e in profondità erano rese difficili dalle condizioni del terreno acquitrinoso e dalla falda affiorante, tale da richiedere un consistente supporto tecnico per l'aspirazione e il drenaggio dell'acqua. Solo alla fine degli anni Sessanta del Novecento si riuscì a varare un programma sistematico di scavi a Sibari e fra il 1969 e il 1974 vennero condotte regolari campagne di scavo, con saggi nelle località di Parco del Cavallo, Stombi, Prolungamento strada e Casa Bianca.

Esse misero in luce, oltre ai noti resti di età romana, strutture risalenti all'età arcaica e classica, riferibili pertanto sia alla Sibari arcaica che ai successivi insediamenti fino a Thurii. I materiali, in massima parte soggetti a processi di fluitazione e dilavamento, corrispondevano a queste fasi cronologiche ma permettevano anche di risalire all'ultimo quarto dell'VIII secolo a.C. e, quindi, all'epoca della presunta fondazione di Sibari, ovvero, ~720 a.C. Essi trovavano conferma e, in seguito, furono ulteriormente supportati dai ritrovamenti fatti nelle aree immediatamente a ridosso della piana di Sibari, come Francavilla Marittima (Timpone della Motta) e Torre del Mordillo.

Nel frattempo l'intensificarsi delle ricerche di superficie e degli scavi in siti della Calabria settentrionale ha consentito di dare sempre maggiore consistenza alle ipotesi storiche formulate sull'antica Sibari e sul suo "impero". A partire dalla fine degli anni Novanta e fino ad oggi, una missione composta da archeologi di diverse Università italiane e straniere, della Scuola Archeologica Italiana di Atene e da archeologi greci ha intrapreso un progetto di scavi regolari a Sibari, grazie al quale la conoscenza archeologica del sito si è enormemente ampliata. Notevole importanza hanno avuto, inoltre, le ricerche archeologiche nelle località poste ai limiti della piana di Sibari: siti come Francavilla Marittima erano noti archeologicamente molti decenni prima di Sibari stessa. Infatti ricerche condotte nel 1879 e ancora nel 1887 avevano portato alla scoperta di una vasta necropoli dell'età del ferro, con ricchi materiali anche precedenti l'età della colonizzazione greca, ai piedi della collina.

Successivamente, anche sulla cima vennero fatte straordinarie scoperte (fra l'altro anche un'importante iscrizione greca arcaica) relative a quello che in età arcaica e classica fu un santuario greco dedicato a una divinità femminile (Hera, Athena?), ma in precedenza era stato un abitato o, secondo alcuni studiosi, un luogo di culto delle genti locali che abitavano nell'area della piana di Sibari prima dell'arrivo dei Greci. I reperti archeologici dell'antica città sono oggi custoditi nel Museo archeologico nazionale della Sibaritide ed il sito fa oggi parte del Parco archeologico di Sibari. Il 18 gennaio 2013 lo straripamento del fiume Crati ha causato l'allagamento del sito archeologico.

Sìbari, come frazione del comune di Cassano all'Ionio, è sorta negli anni sessanta pochi km a nord dei siti archeologici di "Parco del cavallo", "Prolungamento Strada" e "Casabianca", contigui fra di loro, a cui si deve aggiungere "Stombi", leggermente distante da questi tre.

La crescita del centro abitato si deve alle bonifiche, finanziate dall'allora governo, attraverso l'azione del consorzio Opera Sila: lungo il basso corso del Crati si riportò alla luce la piana di Sibari, la più grande della Calabria. Sibari ha una forte propensione al turismo (ai Laghi di Sibari e alla Marina di Sibari vi sono vari villaggi turistici e un parco avventura) e all'attività agricola.

La frazione ha una popolazione di circa 5000 abitanti e negli ultimi anni sono avvenuti molteplici ma vani tentativi di chiedere l'autonomia comunale. Negli anni ottanta enovanta ha conosciuto uno sviluppo per il turismo balneare e culturale. L'agricoltura produce agrumi, olive e riso.

Il Parco archeologico di Sibari' si trova a Cassano all'Ionio, nella frazione di Sibari, località Parco Del Cavallo, Casa Bianca, in provincia di Cosenza. Si tratta del sito di una delle più ricche e importanti città greche della Magna Grecia. I reperti degli scavi sono conservati nel Museo archeologico nazionale della Sibaritide.

La zona della Sibaritide fu il centro della civiltà degli Enotri, che ebbe la massima fioritura nell'Età del Ferro, prima di essere spazzati via dai coloni greci giunti dall'Acaia nel 730-720 a.C. circa. I Greci sconfissero e ridussero i locali alla schiavitù, quindi fondarono Sibari (Sybaris), il centro della zona dove transitavano le merci provenienti dall'Asia Minore, in particolare da Mileto. Nell'Antichità la ricchezza di Sibari era proverbiale, ma la sua sorte fu segnata, dopo la vittoria contro Siris (alleata a Crotone e Metaponto), dalla guerra contro Crotone. Il conflitto nacque probabilmente per ragioni di contese commerciali e culminò con la battaglia del Traente (510 a.C.), che vide la vittoria dei crotoniati, l'assedio di Sibari e, settanta giorni dopo, la sua distruzione, per la quale venne anche deviato il fiume Crati affinché passasse sopra le rovine della città sconfitta.

I sopravvissuti di Sibari partirono per la madrepatria, dove ottennero l'aiuto di Atene per tornare in Calabria e fondare, nel 444 a.C. con altri nuovi coloni ateniesi, una nuova colonia sullo stesso sito, chiamata poi Turi. Il nuovo impianto della città fu progettato dal famoso architetto e urbanista Ippodamo di Mileto. I conflitti però tra sibariti e ateniesi portò a un conflitto interno, che culminò con la cacciata dei sibariti.

Nel 194 a.C. la città fu fondata nuovamente come colonia romana con il nome di Copiae, che fu presto cambiato nuovamente in Thurii. Continuò ad essere in un certo qual modo un luogo importante, posta in una posizione favorevole e in una regione fruttifera, e sembrerebbe che non sia stata completamente abbandonata fino alMedioevo.

Dimenticata in seguito, i suoi resti vennero individuati scavati a partire dal 1932 e con particolare intensità dal 1969. Tutt'oggi sono aperti vari cantieri, per cui lo scavo è ancora lontano da essere esaurito.

Il 18 gennaio 2013 una forte alluvione ha provocato un allagamento all’area archeologica di Sibari, a causa anche dell'incuria dell'uomo. 20 mila metri cubi d’acqua hanno coperto interamente il parco archeologico.[1]

Gli insediamenti protostorici sono testimoniati da alcuni siti della zona, come Castiglione di Paludi, dove esistono i resti di una necropoli dell'Età del Ferro, databile al IX-VIII secolo a.C.

I resti della città testimoniano inequivocabilmente l'impianto razionale ellenistico di Ippodamo di Mileto, con strade che si intersecano ortogonalmente, mentre è scomparsa quasi ogni traccia della città precedente.

Nella zona del "Parco del Cavallo" restano alcuni tra i resti più significativi, risalenti all'età romana. Si tratta di un quartiere organizzato in due grandi plateiai e un teatro.

Nelle zone "Prolungamento Strada" e "Casa Bianca" si trovano altre sezioni. "Casa Bianca" in particolare ha una zona edificata del IV secolo a.C., con una torre circolare. Stombi infine mostra una zona urbana a insediamento misto, solo in parte riedificata dopo il 510 a.C., con alcune fondazioni di età arcaica, tra le quali un edificio modesto, pozzi e fornaci.

La Piana di Sibari: storia, folclore, paesaggio 

Un itinerario piuttosto breve, dalla costa ionica calabrese alle estreme propaggini meridionali del Pollino, consente di scoprire la storia, il paesaggio e l'arte di un territorio leggendario: la Piana di Sibari. La fertilità della più estesa pianura calabrese, che nel 720a.C. attirò i primi coloni Achei fondatori diSybaris, è testimoniata ancora oggi dal verde della macchia mediterranea, da uliveti e agrumeti rigogliosi. Fu appunto in virtù dell'eccellente posizione geografica che la colonia greca di Sibari era celebrata nella madrepatria (e più tardi in tutto il mondo antico) per la sua ricchezza, l'opulenza e lo stile di vita dei suoi abitanti. Una prosperità naturalmente invidiata dalla vicina Crotone che, nonostante l'inferiorità militare, riuscì a distruggere completamente la città nel 510a.C., giungendo al punto di deviare il corso del fiume Crati, che bagnava la pianura, pur di cancellare la minima traccia della potenza di Sibari. Forse da questo accanimento deriva la difficoltà nel recuperare le tracce della prima colonia, dagli scavi del Parco Archeologico di Sibari che si incontra percorrendo la Statale 106 Ionica, mentre abbondano le vestigia della seconda città fondata dagli esuli in età ateniese, e quelle di Sybaris-Copia, l'insediamento sorto in epoca romana. Nel Parco del Cavallo, in particolare, gli scavi iniziati negli anni '30 hanno portato alla luce le principali arterie urbane, un teatro romano e ricche dimore pavimentate a mosaico. Più recentemente, però, dal vicino Parco dei Tori è emerso un intero quartiere periferico della Sybaris greca. A tutto ciò si sono aggiunti, come spesso accade per le ricerche archeologiche, i resti di un nucleo della tarda età del Ferro. Gran parte dei reperti sono raccolti nel moderno Museo Archeologico della Sibaritide, progettato da Riccardo Wallach negli anni '90. Qui si ammirano, fra l'altro, i corredi funerari della necropoli protostorica, i paramenti sacri trovati nel Santuario di Atena e una piastra bronzea dedicata a un cittadino di Sibari, vincitore di una gara a Olimpia. Lasciata la statale costiera, ci si addentra nella verde pianura interna, facendo rotta su Cassano allo Ionio, nel cui comune ricadono anche il parco archeologico e il museo. Il centro storico di Cassano, compreso fra due speroni di roccia chiamati rispettivamente “Pietra di Castello” e “Pietra di San Marco”, è ricchissimo di scorci incantevoli. Punto di partenza di un breve itinerario a piedi è laCattedrale con l'annesso Museo Diocesano: un concentrato di piccoli capolavori d'arte sacra, dipinti, manoscritti e libri antichi. Interessanti anche la chiesa e il convento dei Cappuccini e i ruderi del Castello Ducale costruito su uno dei due spuntoni carsici. Poco fuori dalla cittadina delle Terme Sibarite (molte sono le virtù di queste sorgenti sulfuree) è possibile visitare anche il cinquecentesco Santuario della Madonna della Catena e le Grotte di Sant'Angelo, che offrirono riparo all'uomo del Neolitico. Si prosegue, lungo una strada che serpeggia ai piedi del Pollino, verso Castrovillari. Prima di giungervi si può fare una breve digressione a carattere folcloristico visitando il minuscolo borgo di Civita, tuttora abitato da una comunità albanese emigrata in seguito all'occupazione turca. Un percorso pedonale porta al Ponte del Diavolo, incassato in un'angusta gola rocciosa. Il leggendario ponte a schiena d'asino, un tempo ritenuto frutto di un ingegno sovrumano, è stato di recente ricostruito dopo i danni di un'alluvione. La parte antica di Castrovillari, collegata alla città nuova dal Ponte della Catena, svetta su un poggio e offre panorami irripetibili. Due le piattaforme di osservazione suggerite: il maestoso Castello eretto dagli aragonesi, fondatori della città, e il Santuario di Santa Maria del Castello, un complesso fondato nell'XI secolo. La facciata della chiesa presenta due portali romanici e un bel portico quattrocentesco. Numerose opere d'arte sono custodite all'interno, fra cui tele di Vaccaro e Negroni. Notevoli sono anche la chiesa di San Giuliano, del 1090, e il protoconvento francescano. Ma la cittadina del cosentino deve la sua fama anche all'ottimo vino locale e alla rete di sentieri che si inoltrano nel Parco Nazionale del Pollino. Si imbocca la Statale 105, con il suo percorso tortuoso e affascinante che scende lungo i crinali boscosi dell'Orsomarso, fino a raggiungere il paesino di Lungro, anch'esso caratterizzato da costumi albanesi. Tradizioni che si possono apprezzare nella festa patronale di San Nicola di Mira (6 dicembre), caratterizzata da riti bizantini e rischiarata dalla luce dei kaminet: i falò. Al patrono è dedicata anche l'imponente Cattedrale della fine del Settecento, sorta sui resti di un tempio molto più antico. Parte degli affreschi e delle decorazioni originarie si ritrovano negli splendidi interni, dove l'arte bizantina si coniuga con le decorazioni contemporanee. Poco distante da Lungro, a circa 500 metri d'altitudine, si incontra infine Altomonte, splendido centro incastrato fra l'estremo lembo del Pollino e i contrafforti della Sila Greca, con vista sulla Piana di Sibari. Non mancano certo le suggestioni artistiche, a cominciare dal Gotico-angioino della chiesa di Santa Maria della Consolazione, con la sua facciata ornata da un ricco rosone e da un portale a sesto acuto. Il Gotico trionfa negli interni, fra le volte a crociera delle cappelle, gli archi slanciati, le monofore che illuminano l'unica navata, le bifore e le trifore dell'abside. Pregevoli sono, qui, le sculture in legno e in pietra e il raffinatissimo mausoleo destinato ad accogliere le spoglie del conte Filippo Sangineto, fondatore del tempio. Da visitare, in paese, anche il convento dei Domenicani, sede del Museo Civico di Arte Sacra, la chiesa seicentesca di San Francesco di Paola, riccamente decorata, e la possente torre normanna in cui è stata allestita una galleria d'arte moderna.

Sibari fu fondata nel 709 a.C. dagli Achei del Peloponneso settentrionale guidati dall'ecista Is di Elice, tra il fiume Crati e il fiume Sibari (attuale Coscile). La colonizzazione non fu pacifica: si verificò presto un conflitto tra i coloni e le popolazioni indigene. Strabone attesta la ricchezza e la potenza di Sibari che estendeva il suo dominio su gran parte del territorio circostante. I Sibariti fondarono verso la metà del VII secolo a.C. le subcolonie di Laos, Scidro e Poseidonia. Sibari si alleò con Metaponto e Crotone contro la città di Siris che venne rasa al suolo nella metà del VI secolo a.C. La fertilità del territorio attraversato da numerosi corsi d'acqua, e la presenza di miniere di argento nel sottosuolo, contribuirono ad arricchire la città che sopravvisse per più di duecento anni. Nel 510 a.C. si ebbe la distruzione violenta della fiorente città da parte della città rivale di Crotone dopo 70 giorni di assedio.                                               Veduta derl Parco del Cavallo

I Crotoniani vollero far scomparire definitivamente la città e deviando il corso del fiume Crati la fecero sommergere dalle acque.

Lo scontro tra le due città fu dovuto quindi a motivi di interesse economico e commerciale. Il filosofo Pitagora inneggiò i Crotoniati alla guerra. I due eserciti si affrontarono sulle rive del fiume Traente: 100.000 Crotoniati, guidati dall'atleta Milone ebbero la meglio su 300.000 Sibariti. I superstiti si rifugiarono nell'entroterra e nelle subcolonie di Laos e Scidro.

Nel 444 a. C. la città rinacque come colonia ateniese, sul sito dell'antica Sibari, con il nome di Thourioi (Turi). La pianta della nuova città fu disegnata da Ippodamo di Mileto e divisa in sette grandi strade perpendicolari tra loro: quattro in un senso e tre nell'altro, i quartieri furono così disposti in maniera ordinata.

Tra i nuovi fondatori e gli abitanti Sibariti sorsero presto dei conflitti che determinarono infine la cacciata di questi ultimi. 

La città di Turi durante le guerre annibaliche si schierò con Roma per tale motivo nel 203 a.C. fu saccheggiata dai Cartaginesi ed i suoi 3500 abitanti furono trasferiti a Crotone.                                       Sybaris. Topografia del luogo                            

Durante la  dominazione romana la città cambiò il suo nome assumendo quello di Copia.

Sibari, definita dagli scrittori del tempo la più grande città del mondo coloniale. L'immagine della città tramandataci dalle fonti è quella di una vera e propria metropoli antica.Sibari dominava 25 poleis e quattro diversi popoli; si estendeva per 500 ettari ed era difesa da una cinta muraria di 50 stadi (circa 9 km).

Famosa era la ricchezza del suolo e la raffinatezza dei suoi abitanti. Secondo Diodoro i soli uomini adulti raggiunsero nei periodi più floridi le 300.000 unità.

La città faceva onore alla sua fama, era una festa, un tripudio di colori. I cittadini indossavano chitoni figurati, ricchi, intessuti di fili d'oro e impreziositi da spille dorate; alcuni portavano abiti da parata con ampi mantelli di color zafferano. Anche i bambini vestivono abiti purpurei e la loro acconciatura dalle minute trecce era trattenuta da fermagli aurei. Ovunque una musica accompagnava il passo dei cavalli..

A Sibari si banchettava ad ogni ora e gli abitanti affermavano fieramente di non veder mai sorgere o calare il sole. Famosa era la "triphè", la dolce vita di Sibari. Le strade erano coperte per non permettere ai raggi del sole di entrare nelle case dei Sibariti e disturbare il loro dolce sonno.

La sua ricchezza era dovuta al fatto che le navi mercantili cariche di merci, provenienti dalla Grecia orientale e dirette in Etruria, facevano scalo a Sibari. I mercanti sibariti gestivano il trasporto delle mercanzie attraverso le vie di comunicazione interne che portavano in Italia centrale. Sibari viveva anche del commercio del legno e dei tessuti; circondata da una fertile pianura, produceva vini pregiati e olio.

Le molte ville magnogreche erano ampie con un cortile interno sul quale si affacciavano le finestre, con un portico, sala per banchetti, sale di rappresentanza, cucina e servizi igienici. Al piano superiore vi erano le camere da letto, gli appartamenti delle donne e le stanze per i servi.

 

"Esiste una tradizione eroica e leggendaria, secondo la quale fu un certo Sagari, figlio del locrese Aiace, a fondare Sibari. Il nome di Sagari potrebbe essere accostato a quello del fiume Sagra, sulle cui rive i Locresi inflissero ai Crotoniati una memorabile sconfitta.

Nacque poi erroneamente la tradizione di una colonizzazione locrese della città di Sibari, dovuta anche ad una leggenda che narrava di un mostro di nome Lamia o Sibari, che abitava sul monte Cirfi, nei pressi di Crisa, nella Focide, ai confini con la Locride.

Il mostro fui ucciso e nel punto in cui mori, una fonte scaturì dalla roccia: i Locresi diedero alla città che fondarono il nome di questa fonte. Rimane pura leggenda comunque la partecipazione dei Locresi alla colonizzazione di Sibari in età storica".

In Grecia gli stranieri, residenti nelle poleis, venivano chiamati meteci (coloro che abitano insieme), pagavano tasse speciali e non potevano possedere beni immobili. Erano dediti a quelle attività che venivano disprezzate dai Greci come il commercio e i lavori manuali. Il meteco nelle città magnogreche nei confronti degli stranieri erano più tolleranti.

La sala dove aveva luogo il banchetto era decorata con gusto esuberante, adornata con bende e corone e al centro vi era un grande mosaico pavimentale.

Gli ospiti venivano fatti accomodare su dei lettini (klinai). Poi ad un cenno del padrone aveva inizio il banchetto: i servi portavano i trapeza, tavolini bassi e leggeri, e li ponevano di fronte agli ospiti.                                                                                                                                         Statuetta. VI secolo

Veniva servito dapprima un aperitivo, una bevanda con vino, miele e cannella. Nella prima fase del banchetto, chiamata syndeipnon, venivano offerti cibi e vini stuzzicanti. In un secondo momento, detto symposion, aveva inizio il banchetto vero e proprio. I cibi già tagliati venivano posti sui trapeza; non vi erano posate tranne che per i passati di cereali, dove usavano il cucchiaio, si mangiava con le mani. Tutto intorno l'aria era profumata dal thyamiateron, l'incensiere. Il pasto era accompagnato da musiche e danze.

Le pietanze erano servite in piatti di terracotta; vi era una varietà dei cibi: salsicce, carne tritata e capretti tarantini, prelibatezze amate dai Sibariti, diversi tipi di pesce, crostacei di Minturno, e il tonno tarantino, seguiti da formaggi, pani dorati e tondi. Il kandaulos, tipico piatto magnogreco, era composto da carne bollita, briciole di pane, formaggio, anice e brodo grasso, ed era accompagnato da contorno di verdure e tuberi. Il cuoco che inventò tale pietanza ne ottenne per un anno il brevetto. I banchetti sembravano interminabile. I servi porgevano grandi ceste di frutta con fichi, miele, noci, pere, mandorle, melograni, ciambelline di miele e sesamo. Il tutto era innaffiato da preziosi vini: il vino di Sorrento, il vino Amineo della terra di Sibari e il vino Falerno di Capua, che erano serviti in coppe d'argento.

Alla fine del pasto veniva portato il plakous, dolce dalle grandi proporzioni, dalla forma tonda, ottenuto impastando insieme farina, noci, pistacchi e datteri, e il pyramis, dolce più piccolo fatto di frumento, miele e sesamo. La colazione del mattino, alla greca, era composta da un po’ di vino allungato con acqua e qualche galletta.

Per ordine del governo sibarita i galli non potevano stare all'interno della città.

EVIDENZE ARCHEOLOGICHE

Comune: Cassano lonio

Provincia: Cosenza

Localizzazione storico - geografica: Sibari fu fondata verso il 720 a.C. nell'area circostante il fiume Crati, da coloni achei guidati da un ecista di nome Is.

Resti archeologici:

Località Parco del Cavallo

Nel sito è emerso il tracciato viario che risalirebbe al periodo della fondazione di Turi.

- Resti di un teatro romano (100 a.C.- 50 d.C.), nelle cui vicinanze sono stati recuperati frammenti architettonici, sculture metopali e blocchi di un fregio scolpito nella seconda metà del VI sec. a.C. E' stata inoltre scavata una fondazione in blocchi di età arcaica, forse pertinente ad un edificio sacro, si pensa che si tratti di un primitivo luogo di culto che era situato fuori dall'abitato di Sibari. La storia dell'area dove sorse il teatro è complessa. Inizialmente fu occupata da eleganti abitazioni con pavimenti musivi (100 a.C. circa) in seguito (50 a.C.) fu costruito un emiciclo con due colonnati, di cui uno semicircolare, l'altro delimitava un'area porticata. Nel 50 d.C. fu innalzato il teatro.

- Impianti di abitazioni private (I-VI secolo d.C.) che presentano piante e disposizione simili:

cortile, con al centro un pozzo, circondato da vani con pareti intonacate e con pavimenti decorati a mosaici.

- Resti di un edificio termale del I sec. d.C.

- Resti della cinta muraria.

- Necropoli romana.

                                                                                                                                                        Parco del Cavallo

Località Casa Bianca                                                          

- Resti di torre circolare e piattaforma basolata del IV secolo a.C. Probabilmente si tratta di uno scalo di alaggio, cioè un posto sulla spiaggia su cui tirare a secco le navi per le riparazioni.

- Resti di un muro di opera cementizia (III sec. d.C.)

- Resti di recinti rettangolari con funzioni funerarie.

Castiglioni di Paludi

- Imponente cinta muraria in blocchi della 2° metà del IV sec. a.C., con porta aperta sul lato orientale e preceduta da torri circolari. All'esterno della porta si trovava un luogo di culto, dove gli scavi archeologici hanno restituito abbondante materiale votivo databile al IV sec. a.C. La cinta muraria delimita un'area molto vasta occupata da resti di abitazioni e di un edificio pubblico, dove si riconosce la cavea di un teatro scavata nella roccia. Castiglioni di Paludi è il migliore esempio fino ad oggi noto di città fortificata, fornita di edifici pubblici, impianti idrici e di un luogo di culto situato presso la porta a protezione della città, secondo un uso ben attestato nel mondo greco.

Spazio espositivo: Museo Archeologico delta Sibaritide (località Casa Bianca).

Orari visita: 9.00 - 18.30. L'area archeologica dista 1 km dal museo.

Ufficio Turistico: delegazione municipale di Sibari, via centro servizi.

Agenzia Sìbaris Tour, organizza escursioni per gruppi.

Mezzi di trasporto: linea ferroviaria, Bari - Taranto - Sibari.

Il museo dista circa 6 km dalla stazione.

BROGLIO

EVIDENZE ARCHEOLOGICHE

Comune: Trebisacce

Provincia: Cosenza

Localizzazione storico - geografica: altopiano strutturato su una serie di terrazzi marini molto frastagliati, a est della piana di Sibari. Presenta un insediamento protostorico evolutosi dalla media età del bronzo alla prima età del ferro (1700 - 700 a.C.) e poi abbandonato in seguito alla fondazione della colonia di Sibari. Nel VII - VI sec. a.C. il sito è stato sede di molte attività di culto. In età ellenistica - romana l'area del pianoro inferiore venne occupata da una fattoria e il sito deve il suo sviluppo ad una intensa e ininterrotta successione delle attività agricole fino ai nostri giorni.

Resti archeologici:

- Strutture di abitazioni dell'età del bronzo.

- Muro di fortificazione dell'acropoli, fronteggiato da un fossato.

- Magazzini con grandi pithoi destinati alla conservazione dell'olio.

Area archeologica in allestimento.

Non ci sono mezzi di trasporto che conducono al sito archeologico.

TIMPONE DELLA MOTTA

EVIDENZE ARCHEOLOGICHE

Comune: Francavilla marittima

Provincia: Cosenza

Localizzazione storico - geografica: collina delimitata da strapiombi dominante la piana di Sibari. Fu abitata da popolazioni indigene prima dell'arrivo degli Achei nella Sibaritide nel VII sec. a.C. Dopo la distruzione di Sibari nel 510 a.C. da parte di Crotone, anche la Motta subi un declino, per poi riprendersi dopo la fondazione della città panellenica di Thourioi (metà V sec. a.C.). Sembra che intorno al IV sec. a.C. la collina fu frequentata solo come luogo di culto e non come nucleo abitativo.

Resti archeologici:

- Due templi arcaici (VI sec a.C.), di cui uno dedicato ad Athena (Athenaion). Si tratta di uno dei maggiori santuari extraurbani della Sibaritide. Il culto di Athena Promachos, la dea guerriera, si impianta sul sito indigeno a garanzia di un possesso della terra ottenuto con le armi. La dea si fa anche garante dei rapporti con gli indigeni. La ceramica indigena è attestata sull'acropoli di Timpone della Motta accanto alle offerte greche per tutto l'arco del VII sec. a.C.

- Resti di una casa rettangolare con fondamenta in pietra (VI sec. a.C.), denominata casa dei Pithoi, grossi vasi che venivano utilizzati per la conservazione delle derrate agricole.

- Resti di una stoà.

- Abitazioni del VI sec. a.C. rinvenute sopra tracce di capanne databili tra il IX - VIII sec. a.C.

- Focolare sacro nelle cui vicinanze sono venuti alla luce, durante gli scavi, numerosi oggetti votivi indigeni, databili all'VIII sec. a.C. (buchi di palo contemporanei al focolare appartengono ad un edificio dell'VIII sec. a.C., altri buchi di palo ad un tempio soprastante del VII sec a.C. e altri ancora a una costruzione in pietra del VI sec a.C. sopra gli altri due edifici più vecchi. Tutto questo testimonierebbe l'esistenza di un luogo di culto di età precoloniale e prettamente indigeno).

Il parco archeologico è in corso di sistemazione. Non ci sono mezzi di trasporto pubblico che arrivano al sito.

TORRE MORDILLO

EVIDENZE ARCHEOLOGICHE

Comune: Spezzano Albanese

Provincia: Cosenza

Localizzazione storico - geografica: altopiano situato in una posizione strategica dominante la piana costiera, tra i fiumi Esaro e Coscile. Presenta antiche tracce di frequentazioni riferibili al neolitico inferiore e medio, insediamenti databili dalla media età del bronzo fino all'età ellenistica (XVI- III secolo a.C.)

Resti archeologici:

- Necropoli della prima età del ferro (i corredi rinvenuti risalenti alla prima metà dell'VIII secolo a.C. sono ora conservati nei musei di Cosenza, di Castrovillari e Pigorini di Roma).

- Strutture dell'abitato protostorico, abbandonato all'arrivo dei coloni di Sibari, e resti di abitazioni di età ellenistica. Agli inizi del III sec. a.C. si data la grande cinta muraria fortificata con blocchi irregolari.

- Asse viario con pavimentazioni del III secolo a.C., nella parte centrale del pianoro ed ipoteticamente interpretata come un'area pubblica.

- Cisterna in malta ad imbuto dove sono stati rinvenuti resti di materiali di età classica ed ellenistica.                                                                                                                                   Toro in Bronzo

- Area archeologica in allestimento. Non ci sono mezzi dì trasporto pubblici che conducono al sito.  

Torna a inizio pagina


Grafica e layout by mb - Tecnologia Webasic