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Uno studio di Ernesto Brunetta illumina aspetti di vita della Marca tra '800 e '900

Notizia del 04/12/2013

Treviso, storia di una città

di Irene Pace (fonte: Associazione Paulicius Anafestus)

Mentre il millennio, silenzioso, scivola via e le attenzioni sono tutte rivolte a un futuro che esalta ma allo stesso tempo inquieta, emerge sempre più la consapevolezza che le risposte agli interrogativi dell'uomo siano piuttosto nel passato, sul chi era e sul cosa faceva. "Treviso e la Marca tra Ottocento e Novecento" (Ed. Canova, collana Veneto Immagini, 40 mila lire), ultima fatica dello storico veneto Ernesto Brunetta, si propone proprio questo: una lunga cavalcata a ritroso nel tempo per riscoprire i valori veri e tradizionali che hanno fatto della Marca trevigiana una delle terre più ricche e colte al mondo. Valori senza i quali sarebbe impossibile saltare nel nuovo millennio senza farsi del male.In questo libro si racconta la storia di gente semplice che spesso non aveva un tozzo di pane ma che ha saputo con dignità conquistare il suo posto nel mondo. La storia dei trevigiani a cavallo tra il XIX e il XX secolo non ha voce sui libri di scuola pontificati dallo Stato per i quali contano solo le conquiste belliche e politiche. Eppure la gente ne sta riscoprendo sempre più il valore, nel tentativo di sfuggire a una globalizzazione generalizzata che vorrebbe tutti uguali e quindi tutti controllabili. "L'opera di Brunetta - ha spiegato l'assessore alla cultura della provincia di Treviso Marzio Favero - tratta di storia locale, è vero. Ma non è un limite, anzi oserei dire che sia piuttosto un complimento: nonostante quello che vogliono farci credere i grandi poteri e le grandi multinazionali, non è possibile alcun dialogo con gli altri senza essere consapevoli della propria identità". Un'identità che emerge a ogni pagina del libro, rigidamente documentato da foto storiche messe a disposizione da uno dei più grandi fondi fotografici esistenti, il Fast (Foto archivio storico trevigiano). La Treviso tra l'Ottocento e il Novecento prende vita man mano che si sfogliano le pagine: l'era preindustriale, le fiere e i mercati (importantissimi momenti di crescita sociale prima che economica), l'operato della Chiesa cattolica che con il papa trevigiano Pio X aprì le parrocchie alla comunità, gli apparati assistenziali che nonostante la povertà e l'emigrazione riuscirono a prevenire il disagio sociale dimostrando una sensibilità ancor oggi tipica di Treviso dove un abitante su cinque fa volontariato e infine la cultura. Treviso in quei secoli si guadagnò a buon diritto il titolo di "piccola Atene", come amava definirla lo scrittore Buzzatti. Nel cenacolo di Treviso si ritrovarono Arturo Martini, Gino Rossi, Giovanni Comisso, Bepi Mazzotti, Bepi Fini, tutti artisti che fecero la cultura trevigiana ma soprattutto europea. "Anche allora - ha dichiarato Brunetta - il passaggio da un secolo all'altro fu sconvolgente. Eppure Treviso è riuscita a superare momenti di povertà e di umiliazione diventando quella che è oggi. Ma non ce l'avrebbe fatta senza la sua gente, i suoi cantastorie, i suoi contadini e i tanti emigranti". La storia di Treviso, tuttavia, viene da lontano. Secondo i più recenti dati archeologici, il primo insediamento, che fu creato su tre modeste alture (che oggi corrispondono alle piazze S. Andrea, del Duomo, dei Signori) risalirebbe all'età del bronzo (XV secolo a.C.).In seguito (dal X secolo a.C.) si sviluppò la civiltà dei paleoveneti e nel IX a.C. Treviso fu interessata dalle penetrazioni celtiche. Municipio romano (II secolo a.C.) non fu attraversata, in seguito al riassetto del territorio operato con le centuriazioni, da alcuna strada consolare, né dalla Postumia (Genova- Aquileia) né dalla Claudia Augusta (Altino Danubio), né dalla Annia ( Rimini Concordia), né dalla Aurelia (Padova - Asolo). Importante era invece il territorio attorno a Treviso per il controllo delle vie di comunicazione sia dal punto di vista militare che commerciale. Con la caduta dell'impero romano d'occidente nel 476, Treviso assiste allo stabilirsi nelle sue terre degli Ostrogoti guidati da Teodorico. Con la discesa dei Longobardi guidati da Alboino (569), la piccola Tarvisium viene risparmiata grazie alla sottomissione del vescovo Felice. Nel 774 Carlo, re dei Franchi, pone fine al dominio longobardo, dando vita al sacro romano impero, che passa poi nelle mani germaniche. Col declinare dell'autorità dell'imperatore si pone fine a secoli di sottomissione: nell'XI secolo nasce il comune ed emergono famiglie spesso di origine transalpina. Alcune di esse passarono alla storia con il nome di uno dei loro principali castelli: Da Romano, Da Camino, Collalto, Camposampiero. Non si devono dimenticare inoltre i feudatari ecclesiastici, vescovi di Treviso e di Ceneda. Nel maggio 1164 l'imperatore Federico Barbarossa riconosce il comune di Treviso. L'ambito del comune era ristretto originariamente alla riva destra del Piave, mentre la sinistra era soggetta a famiglie, signorie e dominazioni diverse. L'indipendenza del comune di Treviso attraversa fasi alterne, come la sottomissione agli Ezzelini, ai Da Camino, per finire nelle mani degli Scaligeri e poi di Venezia nel 1339. Tra il 1329 - 1388 la Marca trevigiana attraversa uno dei suoi momenti più critici, percorsa da eserciti e sottoposta a saccheggi e rapine. Il territorio passa dall'uno all'altro dei possessori i quali spremono fino all'ultimo denaro, requisiscono raccolti, uomini, bestiame, carri, così che finalmente il dominio di Venezia fu salutato come apportatore di pace. Malgrado l'instabilità politica i secoli XIII-XIV furono importanti per la ristrutturazione e l'ampliamento della città, con la nascita di cantieri conventuali in cui lavorò anche Tomaso da Modena di grande vitalità per la vita culturale. Nel XV secolo ci fu un'intensa attività edilizia che abbellì Treviso di belle case affrescate e in stile gotico fiorito e veneziano. Con la guerra di Cambrai (1509) la città fu trasformata in fortezza in difesa di Venezia. Risalgono a questo periodo le mura che la racchiudono con un perimetro di circa cinque chilometri. La direzione dei lavori per la fortificazione fu affidata a Giovanni Da Verona che ideò il sistema idraulico mediante il quale, innalzando le acque del Sile e quelle del Botteniga, si provocava l'allagamento delle campagne isolando le città. Nei secoli seguenti la vita fu tranquilla sotto l'insegna del leone di S. Marco. Ma questa è un'altra storia.

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