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Notizia del 21/03/2012
"A me non mi piacciono mica tanto 'sti caffé dove si va per vedere la televisione. I giovani devono tornare alle osterie a mangiare una piadina con un bel bicchiere di vino". Erano i primi anni Ottanta e Tonino Guerra lanciava il suo bonario consiglio alle nuove generazioni. Tonino era un nostalgico, anche se diceva che no, lui era aperto al nuovo. Bastava non fosse nuovismo. Ma poi un occhio al passato glielo dava sempre, "per prendere almeno quelle cose buone che ci siamo lasciati alle spalle". La nostalgia, in romagnolo, di Amarcord, il capolavoro di Fellini, cantico di una Romagna che non c'è più, o che forse non è mai esistita. Proprio come la Manhattan di Woody Allen. Dalla pioggia di Brooklyn al polline di Santarcangelo il passo è breve. Ma anche la nostalghia, alla russa, del film 'italiano' di Andrej Tarkovskij. Pure quello scritto da Tonino, sua la mente dietro innumerevoli capolavori del cinema italiano e internazionale. Prima Antonioni, poi Monicelli, Lattuada, De Sica. Tutti hanno attinto dalla mente creativa di questo genio di campagna, legato con ostinato amore alla sua terra.
Nostalgia di un cinema che non c'è più: "Adesso ce n'è uno piccolo, da televisione. Manca la cerimonia di una volta". D'altra parte, Tonino raccontava che lui al cinema ci andava anche per qualcosa d'altro: "Si guardava lo spettacolo con la ragazza di turno e nel frattempo la si provava a toccare qua e là immaginandosi tutto". Ma oggi, invece, "l'immagine ha vinto sulla parola". Tonino era ossessionato dall'immagine. Ne era uno dei più grandi poeti. I film realizzati insieme ad Antonioni, da La notte a L'eclisse, hanno creato per la settima arte un nuovo modo di raccontare. Tonino non era un narratore. Non era un romanziere, ma un poeta. Per questo il suo cinema è diverso da quello degli altri. "Un film non è una storia, ma è un'emozione", amava ripetere lui.
Tonino era diventato celebre al grande pubblico per quello spot dove diceva che "l'ottimismo è il sale della vita". E lui era sempre rimasto ottimista, anche dopo essere stato deportato in Germania nel 1943. "L'angelo coi baffi", così lo chiamavano Tonino. Lui un angelo non aveva mai preteso di esserlo, così come non pretendeva fama e successo. Tonino era un artista che non aveva l'aria di esserlo.
Pochi giorni fa aveva compiuto 92 anni. Lì, in quella casa della sua Santarcangelo che tutti conoscevano. Ogni giorno c'era tanta gente che lo andava a trovare. I suoi amici li voleva sempre intorno. Nella sua casa. Perché lui sapeva che, nonostante tutto, le sue idee e le sue parole mica sarebbero rimaste chiuse lì.
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